Questa frase che apre la splendida mostra curata da Patricia Urquiola, è significativa non solo perché riassume il significato del lavoro di Castiglioni e del suo pensiero, ma anche perché ci sembra che rappresenti un pò lo spirito che accompagna per mano il visitatore durante il percorso della mostra. Tale percorso si snoda attraverso una serie di cluster concettuali, quali ad esempio:
tutti raccontati con leggerezza e semplicità in un percorso godibilissimo per ogni tipo di utente, proprio come succede quando si guardano o si utilizzano gli oggetti progettati da Achille Castiglioni. I testi guida che accompagnano il visitatore, non hanno bisogno di ricorrere ad alcun concettualismo astruso, chiaro indicatore che si ha a che fare con un vero maestro.
Seguendo questo filo, ci si imbatte con il telefono Sit Siemens ad ingombro minimo o con la sella per telefonare, o con il cappello a forma di stampo di budino e con tutti gli oggetti più o meno popolari che hanno fatto la storia del design italiano.
Visitando questa mostra emergono sicuramente degli ingredienti speciali. Primo fra tutti una meravigliosa energia positiva unita alla curiosità per le cose e per il mondo, poi la fiducia nel progresso, che ben si colloca temporalmente e geograficamente con la personalità e la realtà di Castiglioni. La capacità di guardare le cose senza giudicarle o etichettarle e che permette di trasformarle per utilizzi completamente diversi da quelli per cui erano stati progettati in origine, altro non è che il readymaking. Infine la cifra di quella calviniana leggerezza, fatta di essenzialità e pulizia unita all’ironia, elementi di cui oggigiorno si sente un pò la mancanza.
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